Pittore e ceramista




Dire di Stefano Giachè

Categoria : recensioni · di Set 26th, 2015

   Dire di Stefano Giachè, pittore, ma anche promotore ed organizzatore di rassegne, collettive, di arte pittorica, è senza alcun dubbio un grande piacere.

    Un piacere che nasce dalla conoscenza del pittore prima e quindi dell’uomo, persona che ha saputo farsi apprezzare di certo come artista e stimare poi come uomo, frase idonea a confermare il giudizio appena esternato nell’incipit della frase, del periodo.

   Due nomi vengono alla mente parlando della pittura di questo artista, dico pittura ma intendo arte, parola che meglio esprime la compiutezza del suo lavoro, frutto di un poiesis irrefrenabile.

    Roesler Franz e la sua Roma sparita, su cui tornerò, ed Ippolito Caffi, al cui mirabile pennello dobbiamo molti olii straordinari illutranti le bellezze di Roma, colta con maestria nel disegno e sensibilità eccezionale nella coloratura delle scene, le vedute proposte che attingono all’assoluto, alla atemporalità, grazie ad una luce che esalta il soggetto riprodotto facendone un icona trasmissibile nei secoli. Una stupenda testimonianza del suo amore per la città, eretta futura Capitale.

    Anche Ettore Roesler Franz gioiì di questo mal di Roma, come i tanti promeneurs, già Winckelman alla fine del settecento, ma per lo più ottocenteschi che scesero in Italia per scoprire le rovine imperiali, la cultura classica, e pure le numerose testimonianze architettoniche e pittoriche che la chiesa ma anche le confraternite ed i privati, le grandi famiglie, appaltarono ai grandi artisti del rinascimento e del barocco, realizzando una stupenda fusione di epoche e stili, a connotare questa città.

    E veniamo all’artista cui è dedicato questo scritto. La sua pittura, comprende anche l’acquerello, grande veicolo dell’opera di Roesler Franz, ma predilige l’olio, impiegato con sapienti e suggestive pennellate, per dipingere molteplici ritratti della sua cità, amata come una donna e come tale infinito soggetto dei suoi quadri, che non a caso sono poetici, intrisi di un affetto sincero xche si esprime in un dolce cromatismo, peraltro mai manierato o stucchevole.

    La sensibilità artistica del Nostro consente, a chi viene gratificato dalla sua pittura, una esperienza da non mancare, di passeggiare qual novello Gregorovius tra le strade ed i giardini, le rovine di questa città, spesso nascosti o obliati ovvero declassati dalla vista quotidiana che quasi ne annulla l’interiore bellezza, riproponendoceli con un nuovo e originale punto di vista, con un colorismo che li fa rivivere e li riporta d’imperio tra le memorie che non possono mai più essere dimenticate, avendo attinto il Giachè all’arte, e quindi ad una categoria dello spirito che, in quanto tale, farà per sempre parte della mente e del cuore dei fruitori della (sua) pittura, ove è il suo pennello a fare la storia di questa città suscitando, insieme all’ammirazione per la sua tecnica, la dolcezza infinita nata dalla riscoperta di un paradiso perduto.

    Una pittura tradizionale questa di Giachè, ma vibrante di tensione, mossa dall’ansia della ricerca, del soggetto da rappresentare riproponendolo al nostro occhio disincantato, quindi inpoverito, forte di una bravura tecnica e pure compositiva, cui si associa inevitabilmente, per un pittore della natura, un piacere coloristico che incanta riportandoci nel sogno e nella sua magia, che egli sa estrarre da una inquadratura, banale per la massa, ma ben meritevole per l’artista di essere rappresentata quale testimonianza, trasmissibile agli altri, di un mondo perduto ormai, se non ci fossero artisti capaci di coglierlo e di rappresentarlo, qual è Stefano Giachè, un serio professionista che sa conservare, e quindi donarci, l’afflato mistico di un grande poeta.

 Ottobre 2015                     Scrittore e critico d’arte  Alessandro FERRARO

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